Da tempo si stanno portando avanti studi sulla transizione digitale è il suo potenziale impatto sul mondo del lavoro. Un importante studio dell’ILO – International Labour Organization analizza i possibili effetti dell’adozione su larga scala di tecnologie quali la blockchain, l’internet of things, i big data, ma soprattutto l’intelligenza artificiale, sull’occupazione.
L’attenzione è rivolta in modo particolare a tutte quelle mansioni routinarie, particolarmente diffuse nel settore manifatturiero, suscettibili di essere ad esempio sostituiti dai c.d. software driven robots.
Tuttavia, anche i professionisti il cui lavoro consiste di mansioni cognitivo/intellettuali e manuali non routinarie non sono esenti dai “pericoli occupazionali” derivanti dalla digitalizzazione.
Di fronte alla prospettiva di trasformazioni così epocali, appare naturale chiedersi quali siano le strategie delle parti sociali al fine di garantire che la transizione digitale sia il più possibile equa, e quali politiche in tal senso possano essere adottate attraverso il dialogo sociale e le relazioni industriali.
Il presupposto che sta alla base dello studio è che le parti sociali stiano giocando un ruolo crescente nell’affrontare gli effetti della trasformazione digitale, contribuendo alla discussione su temi fondamentali quali ad esempio la riorganizzazione del lavoro, i rischi emergenti derivanti dall’automazione, la protezione dei dati personali e la sorveglianza dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, ma anche le strategie legate al reskilling e all’upskilling.
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